K -Beauty: dalla Corea del Sud lezioni di marketing

10 Miliardi di dollari, è questo il valore attribuito al mercato della Cosmetica in Corea, a tal punto che si comincia a parlare da tempo del “fattore K-Beauty”. Nulla sembra ormai poter prescindere dai coreani che stanno dimostrando di avere una particolare attenzione alla cura e all’aspetto della loro pelle, alla scoperta di prodotti e ingredienti, quasi nel tentativo di creare un nuovo mito: quello di una routine di bellezza che cerca innovazione senza badare a spese.

L’evento è nato quasi in sordina, creando stupore soprattutto per il valore altissimo del mercato, con prodotti sostanzialmente più cari che in Occidente: cerchiamo di comprendere come una popolazione di “soli” 50 milioni di persone-quella della Corea del Sud -abbia spostato su di se l’attenzione dei grandi brand dello skincare, considerando in confronto i 300 milioni di abitanti degli Stati Uniti ed un valore di mercato di “soli” 5 miliardi di dollari!

Il presupposto è quello di una Nazione che si posiziona al quarto posto come maggiore potenza economica in Asia dopo Cina, Giappone ed India, con i quali interscambia molti dei trend del mercato, specie del lusso.
La consumer coreana è particolarmente attenta alla sua routine di bellezza: si documenta sul prodotto che intende acquistare, sull’efficacia e sugli ingredienti, e usa in media al giorno circa 12 prodotti skincare, con un rituale serale che può arrivare anche fino a 40 minuti. In pratica il doppio dei cosmetici utilizzati da un consumatore nel resto del mondo.

Usa tanti prodotti perché di fatto non si “fida totalmente” dell’efficacia di un unico cosmetico per avere la pelle desiderata: ne evince una scarsa fidelizzazione al brand. Non appena esce un nuovo prodotto sul mercato le consumatrici coreane non perdono l’occasione di testarlo, per poi passare al successivo. La K- beauty va considerata come una ricerca costante verso ciò che è nuovo e sempre più efficace. Gli uomini seguono una scia simile: da soli rappresentano il 10 % del ricco valore di mercato ovvero 15 milioni di coreani acquistano il 21% del fatturato globale delle vendite di prodotti per la toilette al maschile. 
In questo contesto grandi trainer delle innovazioni in cosmetica sono le celebrità della Corea del Sud, sempre alla ricerca di nuovi prodotti, in giro per il mondo. Un esempio ne sono le attrici coreane, vere artefici del successo delle BB Cream in prima battuta e poi del Cushion Make-Up, con medesimi principi ma packaging ed applicazioni più tradizionali (meno fluido, più compatto e che si applica con una spugnetta).
L’atteggiamento verso il cambiamento dei prodotti per l’igiene e la bellezza personale necessariamente rivoluziona il marketing e le strategie aziendali: se in occidente si mira a realizzare un prodotto di successo, l’obiettivo è di farlo rimanere in auge per almeno 5-10 anni. In Corea del Sud la massima aspirazione sono 2-3 anni: ne evincono tempi di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti estreamente rapidi. Novità ed innovazione sono due parole chiave trainanti: esce un nuovo cosmetico in media ogni 7 mesi, contro i 12-18 mesi occidentali. Non sempre si tratta di vere e proprie formulazioni, a volte solo di un’innovazione nel packaging, ma sostanzialmente sono prodotti ready-to-go per plug-and-play, ovvero “pronti e via” , “metti sul mercato e vendi”!

Questo quick-to-market, mercato veloce, si presta particolarmente all’home shopping, segmento di vendite che in Corea ha raggiunto (tra cataloghi e televendite con consegne in giornata) cifre incredibili ($ 9500000000 nel 2014).

A dominare questo mercato essenzialmente tre aziende: la Cj O Shopping, la GS Shop e la Hyunday Home Shopping, che molto hanno lavorato anche con le APP mobili (tra il 2011 d il 2014, grazie a questa modalità le vendite sono sestuplicate).

Ma tornando al driver della K-beauty e della lunga routine: una donna coreana per struccarsi il viso, non usa un singolo prodotto, ma latte detergente, tonico ed esfoliante, per poi passare ad esempio sul viso creme idratanti e siero antirughe, di varie tipologie a seconda del caso. Senza dimenticare l’utilizzo della protezione solare che qui, non è considerata una tantum, ma come elemento di base della cosmesi.

Questa attenzione alla cura della pelle ha radici profonde nella cultura coreana, sostanzialmente radicata nel confucianesimo (che ha avuto un grande influsso sulla bellezza femminile): un viso pulito e candido è l’equivalente di una persona interiormente bella. Il tutto ovviamente viene trainato dall’intenso boom economico che questo Paese sta vivendo, per cui la bellezza della pelle e del viso diventano ancora di più uno status symbol da raggiungere.

In questo contesto è normale che i grandi brand occidentali guardino con preponderanza alla K -bellezza: l’interesse si è fatto globale, è qui che si cercano nuove tendenze di mercato, ma non è facile globalizzare il tutto. Proprio la cultura e la tipologia della pelle si differenziano: mentre a livello mondiale possono avere grandi interessi prodotti solari, antimacchia (per una diversa cultura del sole) o make-up che rendano il colore della pelle compatto e duraturo, in Corea mirano maggiormente a prodotti antiage, per la pulizia della pelle ed anche a sostanze schiarenti (come l’idrochinone o l’acido cogico, da noi vietati o comunque limitati): ne risultano cometici coreani, standardizzati, che vanno bene per tutti al contrario dei trend globali che invece vogliono cosmetici sempre più “su misura” per soddisfare le diverse esigenze dei molteplici tipi di pelle e carnagioni come in Occidente.

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Dunque la Corea non può essere considerato un ottimo indicatore delle tendenze mondiali, ma di sicuro per quelle dei mercati asiatici emergenti: può comunque offrire spunti e soluzioni su come creare e accelerare nuove produzioni, in materia di formulazioni, imballaggio, distribuzione, oltre che ovviamente nuovi consumatori.

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